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      La massa proletaria, là dove essa si è svolta politicamente, ha fatto e fa la sua propria educazione democratica. Cioè, elegge e discute i suoi rappresentanti, e fa sue, esaminandole, le idee e le proposte, che quelli per anticipazione di studio o di scienza abbiano intuito e presagito; e sa già, o comincia almeno ad intendere, secondo i varii paesi, che la conquista del potere politico non dee nè può esser fatta da altri in nome suo, sia pure da gruppi di coraggiosi antesignani, e che soprattutto quella conquista non può riuscire con un colpo di mano. Essa, la massa proletaria, in somma, o sa, o s'avvia ad intendere, che la dittatura del proletariato, la quale dovrà preparare la socializzazione dei mezzi di produzione, non può procedere da una sommossa di una turba guidata da alcuni, ma deve essere e sarà il resultato dei proletarii stessi, che siano, già in sé, e per lungo esercizio, una organizzazione politica.
      Lo sviluppo e l'estensione del sistema borghese furon rapidi e colossali in questi cinquanta anni. Oramai esso corrode la vecchia e santa Russia, e crea, non che nell'America e nell'Australia, e nell'India, ma per fino nel Giappone, nuovi centri di produzione moderna, complicando le condizioni della concorrenza, e gl'intrecci del mercato mondiale. Gli effetti delle mutazioni politiche, o non mancarono, o non si faranno lungamente aspettare. Egualmente rapidi e colossali furono i progressi del proletariato. La sua educazione politica segna ogni giorno un nuovo passo verso la conquista del potere politico.


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In memoria del Manifesto dei comunisti
di Antonio Labriola
1895 pagine 79

   





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