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      Giudicatene:
      « - .... che lo avreste detto una di quelle querce.... - (quercia il minuscolo giovinetto-fanciulla!) - educate al tempo del barocchismo e potate in guisa da dar sembianza di una qualche cosa poco selvatica, educata questa, per altro, e potata da un meraviglioso artefice che avesse saputo dal taglio far nascere come un nuovo albero vivo e bellissimo». -
      Ne capite niente? Eppure, per quanto rebus, un senso ci è; ed eccolo: Gabriele volle apparir diverso da quello che veramente era, e ci riuscì colle sue svariate effeminate moine verbali e verbose nelle quali egli era già maestro e dotto come nessuna femina è stata giammai.
      Ora, erano coteste moine appunto che facevano andar lo Scarfoglio in solluchero e per cui egli giudicava il «piccolino» nuovo albero vivo e bellissimo.
     
     *

      Il suo innamoramento per Gabriele era - come ognun vede - completo. - «Noi due - egli dice - andavamo assai spesso a passeggiare insieme, e in quel lungo andare a piedi o in carrozza - (come appunto fanno gli innamorati) - e nei colloquî e nella comunione di tutti i pensieri, cementavamo il concorde amore.... dell'arte» - dell'ars amandi.
      Ed esclama: «O Gabriele, te ne rammenti!?»
      E qui si abbandona al latte e miele d'un ricordo, il quale si chiude con una frittata:
      «Ed io, mangiando quella frittata benedetta, pur ti guardavo e ti spiavo negli occhi fanciulleschi... - (oh satiri! o gitoni!)... le ragioni e le origini del Canto novo.» - Il quale, come sapete, è tutto lascivie, pregno d'un acre putidore di ascelle e di inguini muliebri.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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