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      La causa per la quale egli aveva divorziato dallo Scarfoglio era stata ben altra. Non indovinate? Ebbene, il «piccolino» aveva piantato in asso il buttero platonico perchè egli si era - come Narciso - innamorato di sè stesso!
      - ?!
      Ed ecco come.
     
     *

      Era una tiepida, profumata notte di maggio (il mese venereo per eccellenza, lungo il quale financo gli asini ragliano versi d'amore) e Gabriele se ne stava - in mutande e maniche di camicia - seduto a mirarsi in un lungo e largo specchio limpidissimo, sorridendo a sè stesso. Di lì a poco cominciò a svestirsi con gesti lenti e languidi, talora esitanti, soffermandosi ad ogni poco, quasi per aspirare il suo particolare delizioso profumo. Si tolse le scarpe e poi le calze e le mutande, che allora non erano di seta, e le gittò lungi, come fiori appassiti, mollemente. Apparirono le gambe ignude, polite, come di marmo pario, e i piedi piccoli e snelli e i malleoli fragili come quelli di una fanciulla, i ginocchi delicati che con tanta venustà nascondono l'intreccio dei muscoli e il nodo delle ossa. Quindi si tolse la camicia - (che allora, a vero dire, non era - come oggi - più sottile e più preziosa della tela gialla che al tempo antico esportavano i mercadanti dalla Battriana). - E allora egli sorse tutto puro nella sua divinità e guardò i suoi piedi splendere sullo allora piccolo tappeto, che non era uno di quei tappeti che egli oggi calpesta e che pajono materiati d'argento, d'oro verde e di lapislazzuli.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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