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      Che odore emanasse allora la sua persona io veramente non so. So che l'odore da lui preferito - come appare dai suoi romanzi - è stato ed è ancora quello delle ascelle e degli inguini delle belle donne in sudore; ma, ciò non ostante, egli apprese rapidamente 1'arte di scegliere i profumi che si distillano dai fiori. Non so chi gli sia stato maestro in quest'arte, ma credo siano state le cortigiane sommarughine. Da chi, se non da costoro, apprese egli a fornire il suo abbigliatojo d'ogni specie di belletti? ad usare, perfino, di quei cosmetici che dànno morbidezza e freschezza alla cute, e di quei ripieni che dissimulano la soverchia magrezza dei fianchi? E non fu egli visto a curare le sue mani colla religione stessa delle donne di «nobile razza», sottoponendole a quindici successive operazioni, quante ne impongono i classici trattati di chiroigiene? Fra le ricette più rare e segrete non riuscì egli a scovare quella che insegna a conservare e a prolungare la giovinezza?
     
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      - E qui apro una parentesi. Gli è pur troppo vero che l'uso indefesso di quelle ricette gli portò via in pochi anni l'un dopo l'altro tutti i capelli, ohimè! E per colmo di sventura non usavano allora, come non usano neppure adesso, le parrucche. Ma non ogni male viene per nuocere: non doveva egli, oramai, posare da uomo, per potersi trasformare in superuomo? La calvizie giungeva dunque opportuna ad accreditare le sue poco appariscenti qualità maschili; onde gli convenne mostrarla e gloriarsene.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253