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      Ma che invidia d'Egitto! Il peccato di cui lo si sarebbe dovuto accusare era, sì, uno dei sette peccati mortali, ma non era - almeno allora - quello dell'invidia, ma quello....; insomma, era un altro, e più turpe. Ma lasciamo andare e leggiamo piuttosto quello che lo Scarfoglio ci dice intorno al come egli conobbe «quella fanciulla» (sic) e intorno «al suo amore per lei» prima, poscia intorno agli «allettamenti» ai «vellicamenti» ai «puttaneggiamenti (sic) della fanciulla dagli occhi dolci simili a quelli d'un collegiale vizioso che insinua la mano sotto le gonnelle di una educanda, e l'aizza e le rinfocola la prurigine del peccato».
      Ora è evidente che nessuno meglio di lui era in condizione di testimoniare, senza tema di smentita, intorno al genere di Gabriele. L'amore e la gelosia insieme lo trascinarono a chiamare il piccolino a più riprese: «fanciulla dagli occhi dolci» e poi «puttanella», «prostituta», ecc.... Si vorrà dire che coteste espressioni sono delle metafore? Ma, come ognun sa, la metafora si fonda sulla somiglianza: il che vuol dire che - se a causa di un certo segno (certamente assai minuscolo) Gabriele era stato dichiarato maschio - per tutto il resto, pei gusti, le inclinazioni e gli amichevoli servigî, egli agiva da fanciulla. Lo Scarfoglio non poteva darsi pace che cotesta fanciulla dagli occhi dolci si era messa - com'egli dice - a far la puttana, o - alla meno peggio - si era messa a far ciò che fanno i collegiali viziati, che insinuano le loro mani sotto le gonnelle delle educande.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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