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      Da fanciulla-prostituta, che però conserva ancora un residuo di pudore, essa, la «creatura dagli occhi dolci» che vuol preservare il buttero platonico, suo antico compagno, dal dolore d'una sorpresa, lo avverte che non è più bella come una volta. Però apre il di lui cuore alla speranza, dicendogli:
      «Vorrei qui della gran neve e del gran freddo che mi sforzasse all'esercizio.... (non dice quale).... Oh! se venisse la neve dalla Majella o da Montecorvo....» (Già! perchè se la neve venisse da altri luoghi non servirebbe a nulla).
      E sentenzia: «Verrà!»
      Già, perchè anche gli elementi debbono piegarsi al suo desiderio.
      Dice la cronaca che nel leggere questa lettera lo Scarfoglio pianse di commozione estrema; e affinchè tutti partecipassero al suo dolore e alla sua gioia insieme, mandò, stampate, pel mondo queste immortali parole:
      «Io, dal letto onde scrivo, mi associo a Gabriele nell'invocazione, e gli prego dai venti dell'Appennino abruzzese una stupenda nevicata.»
      Di lì a poco si rividero, si riunirono e - poichè dal gran nevicare faceva davvero un gran freddo - si scaldarono insieme.
      IL «PICCOLO» E IL «GRANDE» GABRIELECome la pianta è tutta virtualmente nel seme, così il grande D'Annunzio è tutto nel D'Annunzietto quale, appena ventenne, si rivelò ai lettori e, specie, alle lettrici della Tribuna. Da cronista mondano agli stipendii del detto giornale, Gabrieluccio esordiva nel 1884, solleticando tutte le «duchesse romane» nelle loro parti più delicate, anzi adoperando un solletico speciale per ciascuna di loro.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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