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      Sin dalle prime cronache la sua magistrale competenza in materia di futili e sciocchi argomenti sorprende, anzi sbalordisce: in lui si rivela un genio, fra tutti i genî il più portentoso, quello, cioè, di saper dare consistenza al vuoto con vuote parole; e per far ciò, egli pianta le sue tende in quel gran vuoto che è il mondo mondano, ed in cui vivono, ornate di ricche parures, quelle vuote cose che chiamansi contesse, duchesse e principesse, e delle quali, siano giovani o vecchie, belle o brutte, egli si pone a solleticare la vanità, che è vuoto di mente e di cuore. Egli è un laudatore mirabile, inesauribile, senza pari. Immaginate! Quando non può, senza coprirsi di vergogna, dir bella qualcuna di quelle grandi dame, scopre che ha belle le mani, o ben dipinto l'arco del sopracciglio. Se qualcuna zoppica, oh! che non zoppicava la divina Lavallière? Se qualche altra ha i capelli posticci e i denti falsi, ha però l'incesso nobile e imponente. Ma, belle o non belle, Gabrieluccio trova che le son tutte vestite comme il faut e che tutte han pose da dee. Il far questo - lo si vede - gli è, non solo facile, ma ancora, e sopratutto, gradito, perchè egli è un effeminato; i suoi gusti sono accentuatamente muliebri, egli è un adoratore dell'abbigliamento più di quanto possa esserlo una femina. Egli conosce tutti i segreti delle bellezze posticce delle grandi mondane: i cosmetici, i cinabri, i neri di sughero, i cuscinetti, i ripieni, le false mammelle, i falsi fianchi, i falsi capelli, non che le false posizioni; conosce le maraviglie, i miracoli che san fare le «grandi» sarte; si direbbe, anzi, che egli non abbia fatto altro sin là che studiare, a parte a parte, gli abbigliamenti muliebri sui mannequins presso i grandi magazzini di mode, riempiendo molti quaderni di note, appunti, descrizioni intorno alle stoffe, ai tagli, alle applicazioni e alla loro esotica nomenclatura, chè - egli lo sa - il vestire è ciò che sopra ogni cosa interessa le donne, specie se del gran mondo; onde sapientemente si pone a trar profitto da quella gran vanità che le donne tutte antepongono perfino alla vanità della loro bellezza corporea, dico la vanità che tutti le trovino ben vestite.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





Lavallière Gabrieluccio