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      Lo scrocco, il furto della gloria, difatti, non è - ed è un gran male - non è passivo di alcuna pena; ma bisogna riflettere che cosiffatta glorificazione la società degli uomini non la permette solo ai sedicenti superuomini, ma anche a qualsivoglia ciarlatano che riesca a turlupinarla. - Ma gli altri suoi diritti «superumani», poichè non gli è dato esercitarli personalmente, egli li esercita per via dei suoi eroi superuomini. E che in nome di cosiffatti diritti quei suoi superuomini commettono delle scempie o delle orribili cose, lo dicono bene le risate e i fischi sotto i quali gli spettatori e i lettori volta per volta li seppelliscono.
      Se non che, io penso che fischi e risate non facciano insieme il castigo di cui il Divo si è reso meritevole. E perciò batto le mani a quel gruppo di bravi giovani che, usciti dal Costanzi la notte dei celeberrimi fischi, visti per via Firenze dei carabinieri, gridarono ad altissima voce:
      - Carabinieri, arrestate il D'Annunzio!
      Infatti, non era il D'Annunzio un truffatore? Non aveva egli, con l'aiuto dei compari della stampa e con la mendace promessa di «un gran capolavoro», truffato bellamente 15800 lire agli spettatori? E non è la truffa un delitto? - Inoltre, non aveva il D'Annunzio commesso uno ancor più grosso delitto, rubando una fama e una gloria che non gli appartengono? E ancora: poichè Corrado Brando è il suo eroe prediletto, e poichè nel Brando si annida lui, e poichè egli si compiace di far commettere al Brando - in omaggio ai suoi diritti di superuomo - un assassinio ed un furto, ed anche gli pone in mano la rivoltella per far fuoco sulle guardie che vanno ad arrestarlo, non è anche il D'Annunzio - almeno nell'intenzione - un volgare delinquente?


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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