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      - E, fatto alunno di Energeja, egli giunge a Delo. Sicuro stavolta che la sua voce è abbastanza forte da farsi udire da quegli abitanti e da farli accorrere al lido, si pone a cantare - nel falsetto dei cantorini della Cappella Sistina - il più sopranamente che può, di fronte al promontorio Andromache, mentre, tra vapori rosei, emergono le cime di alcuni monti famosi. - Ma, che è, che non è, nessun Deloano si accorge di lui. E allora? Per confortarsi, egli si pone a cantare le lodi della sua bella nave, che egli ama «di vigile amore, come, vena per vena, nervo per nervo, si amano le membra viventi - (non quelle morte!) - dell'amica». E canta la bella velapiù bella di tutte le cose
      d'intorno apparite,
      libera, più pura e innocentedel cielo, una vergine forza,
      un desiderio pudico,
      un arco acceso d'amorepel suo segno, un candido spirto
      tra il duplice azzurro tutt'ala.
      Che al Divo la sua vela sembri la più bella di tutte le cose apparite d'intorno, transeat; ma perchè la chiama libera, se essa - poveretta! - non solo è legata, e come!, all'albero della nave, ma ancora - per la scotta - alla mano del Poeta? E perchè sarebbe più pura del cielo, se essa è fatta di pezzi di tela cuciti insieme con grosso spago, e se essa è macchiata dal sale marino? E poi, più innocente del cielo, oh come mai, se essa commette il grosso e laido peccato di trasportare il povero Divo - che forse lo ignora - al paese dei Satiri? - Vergine forza la sua vela, se essa subisce la forza del vento, che - come vedete - la impregna?


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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