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      - che esse riflettono il sole di agosto; - ed io, per colmo di orrore, aggiungo che riflettono anche il sole degli altri mesi. Si può dare sciagura più grande di questa? Oh! benedette le vie dell'Ellade santa non lastricate, polverose di estate e fangose d'inverno! - E vede ancora - (e, pare, per la prima volta) - vede i templi.... (Oh! profanazione! Scancella, o Divo, scancella cotesta parola. Non i templi tu vedi, ma, sì, le «orribili chiese», «sui cui gradini i mendicanti ostentano le piaghe ai divoti che vanno a pregare il Dio delle ceneri....» - (Memento homo... - Ma siffatto Dio ha egli detto, forse, Memento, superhomo?) - E vede ancora ed ancora - (e, pare, per la prima volta) - le case che «son brutte di giorno e più brutte di notte», perchè sono illuminate dalla luce elettrica - (egli dice «da bianchi globi che stanno come pendule lune fra le attonite file dei platani»!) - E alla vista di sì orribili case da lui prima d'ora non mai viste «l'anima sua... - (ha egli un'anima? Non ha egli detto di averne diecimila?) - l'anima sua piena delle bellezze e della letizia delle case elleniche» (illuminate di notte da lucignoli fumiganti e pestilenziali) è preso dal disgusto delle case moderne, e «la sua parola s'intorbida allorchè si pone a cantare.... - (e chi l'obbliga?) - a cantare i vespri di primavera, i crepuscoli d'estate, le prime piogge di autunno sulle immondizie delle terribili città nuove», dove egli «sente, per ogni via, come un molle odor di morte»! - Ah! attristiamoci con lui, disgustiamoci con lui.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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