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      Sì, le nostre albe, i nostri meriggi, i nostri tramonti, le nostre notti sono orrende cose poichè tali appaiono a lui. Sì, noi siamo dei miseri, noi siamo dei morti: i vivi sono gli Elleni antichi. E, desolato, egli erra di qua, erra di là, come un pesce fuori dell'acqua, finchè trova l'acqua che gli è propria, ed è «la Cappella Sistina del Buonarroti», perchè «essa è dominio di violenza, di immortale dolore, di sublimità di male, carnale rapimento degli spiriti verso novelli cieli di potenza e di gloria»!?!?
     
     *

      Così cantano i superuomini! - Ahimè! E la connessione? domandate voi. Quale scolaretto - voi dite -cadrebbe così scioccamente nel mostruoso sproposito di legare insieme la Cappella Sistina e l'Ellade santa?
      Ma gli è - vi rispondo - che la Cappella Sistina è anche famosa pei suoi cantorini, i quali voi sapete che cosa sono: essi puzzano di castrato. Ora di giovanetti castrati non ebbe l'Ellade santa gran numero? E il Divo anche lui... - Ma via, stendiamo sopra un velo pietoso, e diciamo, invece, qualmente il Divo, ormai grecizzato e cantorino come non c'è mai stato l'uguale, salisce sopra «un'imperiale quadriga», i cui cavalli sono - (chi se lo immaginerebbe?) - «la Volontà, la Voluttà, l'Orgoglio e l'Istinto». - Sembra che da questo punto egli debba incominciare il suo viaggio di superuomo; ma, in quella vece, - ohimè! - appena egli posa le macre divine chiappe sulla imperial quadriga, ecco, cala il sipario, ed ei s'invola agli occhi nostri!


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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