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      Il primo atto, intanto, finiva fra un uragano di fischi. Gli attori pallidi, colla tremarella in corpo, facevano pietà, quella pietà che sogliono suscitare le vittime dell'egoismo altrui. - Era evidente: il responsabile di tanto disastro non era il D'Annunzio? Ma il commendatore Re Riccardi, il quale voleva a tutti i costi - e pour cause - far credere che la colpa fosse degli attori, diceva loro ad alta voce: «Ma recitate più forte...., recitate col viso rivolto al pubblico, il quale, altrimenti, non vi potrà sentire.»
      Che consigli, neh? Un asino non ne avrebbe potuto dare dei peggiori. E dire che, invece, il pubblico aveva - pur troppo! - sentito, e, perchè aveva sentito, aveva fischiato ed urlato a tutto beneficio del Divo.
     
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      Ermete Zacconi era perplesso.... Non sarebbe stato meglio dire al pubblico che uno degli attori, per esempio, la signora Cristina, stava poco bene e che, quindi, il secondo atto non poteva aver luogo e che l'impresa era pronta a restituire il danaro? - Sì, lo Zacconi proponeva cosiffatto mezzo per iscampare al completo naufragio che avrebbe inghiottito, ad un tempo, il dramma, gli attori, l'Immaginifico e l'onorabilità dell'impresa. - Ma, oh! e che? Era egli possibile far ciò senza l'alta permissione del Divo? - Il Divo! Dov'era il Divo? - Ohimè, il Divo era andato a telegrafare. E intanto il tempo volava.... L'orchestra aveva esaurito il suo repertorio per colmare - con pezzi profanatori - la lacuna del lungo intermezzo, e bisognava dar principio al secondo atto.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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