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      - Ed ora permettete ch'io ripigli il mio discorso.
      «Uscito è dalle mie fornaci il solo poema di vita totale, vera e propria rappresentazione d'Anima e di Corpo che sia apparsa dopo la Commedia di Dante....» - Questa che vi dico - lo so - è una cosa, non solo fischiabile, ma anche bastonabile - lo so; ma oggi son di buono umore...; e poi, il dir di coteste cose mi costa, forse, qualche cosa? - Il pericolo della bastonatura? dite voi. Bah! e non ci siete voi, voi, miei fidi e bravi cretinoidi, ognor pronti a gridare sempre più alto il mio nome e a spargere, occorrendo, il vostro sangue per me?
      «Questo mio poema si chiama Laus Vitae.» - cioè «la lode della mia vita», che io ho trascorsa leggermente e grecamente, come il greco Alcibiade, che leggermente trascorse la sua sotto la dura disciplina di Socrate.
      Ciò posto, «che mai può significare e volere il tentativo di rivolta.... - Veramente, questo è un eufemismo di cui io mi servo pel rispetto che io debbo alle mie orecchie, che mal sopporterebbero il suono delle parole tempesta di fischi, dei quali echeggiano ancora la sala, i palchi e il loggione del Costanzi... - Vi dicevo dunque: «che mai può significare e volere il tentativo di rivolta contro la mia signoria spirituale, basso e vano come una sommossa di schiavi ubbriachi?» - Ben è vero, sì, che di cotesti «schiavi», io avevo agognato gli applausi, e che è da sciocco il parlare, come io faccio, di «signoria spirituale» sopra degli schiavi, i quali, per giunta, sono anche ubbriachi.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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