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      ) appartenga al bacino del Nilo o a quello del lago Rodolfo? Come pretendere che essi non si ribellassero (essi ai quali l'assordante, incessante réclame dei moretti del Divo, aveva promesso godimenti estetici di altissimo ordine ed emozioni tragiche profonde) trovandosi alla presenza di un eroe da burla, il quale non li interessa neppure come delinquente, per la semplicissima ragione che quei delitti il D'Annunzio non ha la scaltrezza di farglieli compiere sotto ai loro occhi, ma solo glieli fa narrare e declamare nella più vieta e più insulsa forma rettorica, in un verboso, interminabile, noioso monologo?
     
     *

      «Ella - (la sua tragedia) - conferisce non so che selvaggio ardore patetico all'impeto iterato della volontà singola verso l'universale, alla smania di rompere la scorza dell'individuazione per sentirsi unica essenza dell'universo». - Così, impertubabilmente, dice Gabriele.
      Che vuol dire l'Immaginifico con queste «preziose» parole? - Dunque, commetterebbe il Brando quei tre delitti per dare «selvaggio ardore patetico alla sua volontà individuale verso l'universale»? - E che vuol dire? - Li commetterebbe per dare «selvaggio ardor patetico alla sua smania di rompere la scorza della sua individuazione per sentir sè - (lui! Brando!) - nell'unica essenza dell'universo? - E che vuol dire? - Su, ditemelo voi, scrittorelli del Marzocco, che vi state in ginocchio davanti al Divo, adorandolo: che vuol dire?
     
     *

      «Ella - (la sua tragedia) - afferma ed esalta l'istinto agonale, come solo creatore di bellezza e di signoria nel mondo». - Così, pomposamente, afferma Gabriele.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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