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      3. «L'anima ingenua, semplice, primitiva dei personaggi di questo dramma è avvinta dalla fede (sic) che a loro ha trasfuso il D'Annunzio
      4. l'ispirazione viene al D'Annunzio dalla realtà (?), maestra d'arte a tutti gli uomini di genio».
      Eccetera, eccetera, eccetera.
     
     *

      Che gli spettatori abbiano freneticamente applaudito quella «rinnovazione letteraria», chi lo contrasta? Ma bisogna riflettere che siffatto fenomeno è identico e quell'altro che ci dánno i bambini, i quali, con occhi luccicanti per piacere infinito, stansene a sentire le (per essi piene di sublimi attrattive) sciocche fiabe della nonna. Ogni piacere, ogni entusiasmo è relativo. Chi nega che il pubblico frequentatore dei teatri da marionette va in visibilio per le impossibili gesta dei paladini di Francia? Ma è certo del pari che questo stesso pubblico alla rappresentazione dell'Amleto si addormenterebbe o se ne starebbe a sbadigliare dalla noja. Il pubblico che applaudì e che tornerà ad applaudire la Figlia di Jorio è quello stesso pubblico che ha applaudito e che tornerà ad applaudire quell'altra «rinnovazione letteraria» che chiamasi la Cena delle beffe. A spiegarci tale fenomeno basta gettare un'occhiata in tutti i settori del teatro affollato di spettatori-barbieri. E mi spiego: il pubblico di un gran teatro che la sapiente réclame riesce a chiamare in gran numero alla recita di non importa quale «rinnovazione letteraria» è, per forza maggiore, un giudice che giudica in senso inverso del valore intrinseco dell'opera, la quale, quanto più è falsa, tanto più gli piace, per la ragione semplicissima che il pubblico il quale si lascia trascinare al teatro dalle clamorose trombe della réclame è composto quasi tutto di persone inferiori, intellettualmente parlando, giacchè non è da dissimularsi che anche il maggior numero di quella parte del pubblico che siede nelle poltrone, in marsina e collo-gigante, è, ripeto, intellettualmente parlando, un pubblico inferiore, compresi i critici magni della stampa.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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