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      Chè - se nol sapete - il bel Sebastiano plasmato dall'artefice dalle «diecimila anime» si presenta sulla scena «con l'atroce sottinteso della perversione orientale importata a Roma», ossia «coll'atroce sottinteso di quell'abominio che aveva chiamato dal cielo il fuoco distruttore, e che lasciò le luride tracce sulle fumanti rive del Mar Morto.»(12)
      Il Martire dannunziano, concepito e formato solo per soddisfare le brame della danzatrice - (la quale prodigava enormi somme solo perchè il Divo attirasse sulla plasticità delle sue mosse e sulla sua danza voluttuosa tutta l'attenzione del pubblico) - non è altro che un debosciato, «il quale attira e pretende tutta per sè l'adorazione per la sua bellezza corporea, per le sue attrattive paganamente estetiche senza alcuna relazione con Dio: esso non agita le palme di Cristo, ma il mirto di Afrodite».(13)
      Nelle didascalie che precedono le cinque Vetrate di questo salace Mistero, il Divo si compiace a descrivere le pose, le mosse effeminate del suo apocrifo Sebastiano: «Il semble s'alanguir comme dans la danse jonienne». - «Dans une ineffable ambígüité le délire alterne avec l'extase, l'ardeur avec la liesse, la saltation guerrière avec la jubilation nuptiale. Toutes les fraîcheurs qu'engendre le printemps de son âme il les éprouve avec sa chair empaurprée par le reflet de la braise.» - Eccetera. - Tutti - secondo vuole il D'Annunzio - si sentono presi dalla bellezza del corpo di lui. Guardate l'ossessione selvaggia attorno al bello Arciero, onde tutti i personaggi gli gridano: Tu es beau!


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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