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      ... Dopo un Prologo, nel quale un attore (il Nunzio) dà una definizione della musica del Debussy in uno strano ambiente che ha i riflessi d'una cattedrale, si vedono martirizzare i cristiani; una mater dolorosa e cinque sorores si lagnano; San Sebastiano a piedi nudi danza sui carboni accesi... Siamo poi trasportati in un luogo indefinibile, dove dieci maghe non recitano più perchè è stata tagliata una filatessa di duecento versi.... Davanti a una porta che racchiude i segni dello Zodiaco, San Sebastiano conversa con la voce del passato.... Nessuno ci capisce niente, ma si ha la scaltrezza di far cadere la responsabilità di ciò sulla pronunzia della Rubinstein... Sopraggiunge Vera Sergine, ragazza malata di nervi... Non si riesce a comprendere meglio di prima, e allora ci si accorge che la colpa è del D'Annunzio». - E dopo di avere accennato allo sforzo dei colori e della luce e dei suoni, dai quali gli occhi e gli orecchi erano restati affascinati, il Matin finisce facendo questa piccante riflessione:
      «A che scopo il D'Annunzio ha voluto guastare siffatte gradite senzazioni con l'indiscrezione del suo poema?»
      E il Journal:
      «Tutto è musica, musica, musica».
     
     *

      E negli intervalli si udiva:
      «Questo non è il Martirio di San Sebastiano, ma il martirio del pubblico». - E ancora: «Questo non è il martirio, ma il mortorio di San Sebastiano».
      E ancora e ancora:
      «Gran bella cosa! ma di una monotonia mortale!»
      «Bellissimo! ma da rappresentarsi nella settimana santa!


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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