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      È morto? Meglio così! - E se io oggi son triste, «la cagione della mia tristezza non è la sua morte - (la quale per altro non ha fatto triste nessuno) - sibbene il modo del suo finire». - Voglio dire che nessun altro, ahimè!, (neppur io quando morrò) avrà l'apoteosi che si ebbe lui. Sì, è per questo ch'io son triste. Enotrio ha fatto più chiasso da morto che da vivo. Io che ho fatto e faccio sì gran chiasso da vivo, da morto non farò, no, il chiasso che ha fatto lui. - Questo, sì, questo mi attrista. E tanto più mi attrista in quanto egli mi era di gran lunga inferiore. Dicono che «la sua fu una grande anima di guerriero» - Bell'anima di guerriero, affemmia! «posta su due gambe titubanti». - Dicono che «egli ebbe dalla natura un gran soffio bellicoso nel collo, per solito strozzato da una cravatta notarile!» Ciò è vero; e non solo quel soffio lo ebbe nel collo, ma ancora nell'epa che ne era rigonfia e dalla quale saliva, senza rimanersene neppure un attimo nel petto che era senza cuore, saliva, dico, nel collo: infatti, l'una, la pancia, gli ballava, l'altro, il collo, gli si gonfiava ogni volta che gli usciva di bocca il soffio bellicoso. E com'era brutto allora! - Disgraziata, volgare, plebea figura quella di Enotrio. Che narici da sfognatore le sue se «d'in sul legno stantio della cattedra respirò deliziosamente il lezzo della scuola cancherosa!». E poi osava vantarsi «di somigliare il gladiatore tirreno e di voler cadere supino bevendo l'aura del combattimento», lui che, ad ogni nuovo odor di polvere, si chiudeva in casa, e si metteva alla finestra per gridare: morte agli Austriaci!


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





Enotrio Austriaci