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      )... cercavo d'infondere più di fiamma al mio dire per nascondere... (come avreste fatto voi, donne) - per nascondere sotto quell'ardore il mio volto disfatto». - Sì, perchè nol direi? Giammai alcuna di voi, femine, ha tanto e così arrossito della sua prima ruga come e quanto me, che, parlando, sentivo vacillare i miei denti posticci. - «E mi rammento che Edmondo mi credette febbricitante». - Se avesse sospettato!? - «Egli mi parlava con i buoni occhi velati di lagrime evocando il suo ventenne figliuolo suicida» ed io - femina sempre - io mi preoccupavo che egli non si accorgesse dei miei denti posticci! Pensate. «Egli mi aveva appunto conosciuto intorno a quel tempo in cui, inaspettatamente, io m'incontrai in Enotrio, quando io ero uno strano fanciullo, anzi, una strana fanciulla, come tutti dicevano, misto di timidezza e di ardire, tanto irrequïeto e spedito che per solito entravo nelle stanze dei miei amici come una apparizione senza romore, o come una irruzione precipitosa». Che bel tempo, quello! Lo ricordo come adesso. - Una mattina iosalii a gran balzi le scale della Gazzetta Bizantina per la speranza di sorprendere... - (ma non lo credete, ve ne prego: è una vanteria) - di sorprendere una donna magnifica e illetterata... - (una delle cocottes sfruttate dal Sommaruga) la quale allora teneva in soggezione tutta la plejade giovinetta» - eccetto me, per la semplicissima ragione che io tenevo in soggezione e la detta plejade e la detta magnifica donna illetterata. - Ora, datevi conto della mia sorpresa allorchè, in vece di lei, trovo lui, «una gran fronte selvosa che di subito si levò con un moto risentito, e di sotto ne uscirono due punte aguzze», i suoi occhi cinghialini, che mi guardarono con avidità di satiro.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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