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      ... - «Sì, l'acredine del sangue, già avvelenato (dal molto bere) colorava le sue gote» e accendeva il suo naso, che più tardi doveva vestirsi di bitorzoli. «Figura toscana affocata dal vin frizzante», poichè il vino, anche non frizzante, fu la sua passione vera ed unica: tutto il resto fu in lui rettorica. - Dunque, come vi dicevo, «egli continuava a guardarmi, a guardarmi, senza dir motto... La natura, come sapete, aveva posto in me una semplice grazia, che lo rasserenò. Egli mi sorrise...» Il mastiff-dog, ecco, si trasformava - per la mia semplice grazia - in lap-dog sotto il mio sguardo fascinatore. - Voi certo lo sapete. «egli amava il numero - dico il numero delle sillabe nei versi - e lo misurava col battito del dito», come facevo io a cinque anni. «Sempre lo vedrò in quel gesto di scandere il verso con l'indice levato». Ridicolo gesto, in vero, specie se lo si guardava nella faccia, che in quel momento parava quella di un can barbone ammaestrato, come se ne vedono spesso per le fiere e per le piazze. Ed era tanta in lui l'abitudine a quel gesto che - come mi dicono - «la sua mano si levò ancora nell'agonia per scandere su l'orlo del lenzuolo un numero da lui solo udito... - Questo, sì, questo è il solo Carducci ch'io conobbi, e del cui spirito attendo qui, a questa foce, il ritorno.... - Ma se c'è un'isola di beatitudine - e un'altra di pena - per le anime dei verseggiatori, il gesto di un divino giudice.... - (certo, Domineddio da lui più volte decapitato) - .... sta misurando quanto di vero canto - o di falso - fosse in lui, per assegnargli il luogo del gaudio», o quello del castigo»... - Ma, ed allora ho un bell'aspettare il suo ritorno, qui, a questa foce.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





Carducci Domineddio