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      Ebbene, riconosco a quel dilatato respiro del mio sogno uno dei più alti doni di Giovannino, perchè certe sue evocazioni dell'antico, come questa che Giovannino ha fatto dell'ascia romana, e che mi ha fatto sì largamente respirare, si avvicinano ai limiti della magia, cioè ai limiti di una cosa che fu una sfacciata impostura. E vi dico ancora che a un tratto l'immensa notte oceanica si empiva dei suoi fantasimi... dei fantasimi di Giovannino. - Il numero del suo verso si prolungava in una lontananza solenne, fin là dove la parola dell'inno vedico pareva la sua stessa eco ripercossa dall'invisibile confino. - Lo so ch'io faccio a fidanza con voi, miei cari cretinoidi ammiratori. Sì, ne convengo, io vado un po' al di là del solito confino. - L'immensa notte oceanica... Ci credete voi all'immensa notte oceanica che si riempiva dei fantasimi di Giovannino ? E l'ingoierete voi e lo digerirete anche il verso di Giovannino che si prolungava in una lontananza solenne sin dove la parola dell'inno vedico pareva la sua stessa eco ripercossa da un confino invisibile? - Ma l'ho detto e basta! E poichè l'ho detto, dirò ancora che la notte era con stelle forse infauste prese in avvolgimenti di veli e di crini, proprio come le mie immaginuzze che voi continuamente vedete prese in avvolgimenti di parole e di frasi... - Infauste stelle... Perchè? - L'acqua dell'insenata non aveva quasi respiro... Perchè? - L'oceano senza sonno... (che orribile malattia quella di non poter dormire!) faceva il suo rombo.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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