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      Ma la verità resta quella: avevamo entrambi - ed io l'ho ancora - la voce così muliebre che..., solo che avessimo aperto bocca l'uno accanto dell'altro, ci saremmo rivelati fratelli in feminilità, e fratelli, infatti, ci dicemmo sempre: lui fratello maggiore-minore, io, fratello minore-maggiore. - Egli, forse, pensava che qualcosa di vero ci dovesse pur essere in fondo alle dicerie della cialtronaglia. Ma allorchè egli seppe che l'acqua, il pane e le frutta erano il mio regime consueto di operaio delle parole, cioè, di gran parolaio, gli parve di potermi offrire l'ospitalità nella sua casa di Castelvecchio, contando di non dovere spendere pel suo dovere di ospitalità che settantacinque centesimi al giorno,
      oltre i centocinquanta ch'egli spendeva per sè e per la Mariù . Mi risulta che consigliera, anzi istigatrice era stata costei, sua dolce sorella, la quale - se nol sapete - ha avuto sempre una gran velleità di posa-a-letterata e di posa-a-poetessa, quantunque le sue abilità fossero e siano tuttavia quelle uniche e sole che sapete, cioè tessere, fare il pane e governare le galline. E credo che sia stata appunto questa la ragione che mi fece rifiutare l'invito... Certo, siffatta ragione io non l'ho giammai detta a nessuno e perciò non la dirò neppure a voialtri. A voialtri io dirò invece che la sorte volle ch'io non conoscessi il sapore del pane intriso, rimenato e foggiato a crocette dalle mani di Zvanì e della costui dolce sorella. Intanto spesso, alla buona stagione, eravamo vicini, e vedevano entrambi, al levarci, la Pania e il Monte forato.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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