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      - E sentite quest'altro bellissimo accozzo di strampalate, sì, ma bellissime parole. E quando noi cominciamo ad aprir gli occhi sul visibile, già eravamo da tempo aderenti all'invisibile. - E quest'altro ancora: Oggi mi sembra che quel pellegrinaggio meditativo, frai vasi di basilico, il Gallo che canta e l'Arcivescovo colcato sul marmo mortuario e che non si sveglia, non fosse veramente una preparazione spirituale alla visita ch'io ero per fare a Giovannino, ma fosse già la visita, e che nessuna delle parole ch'io dissi poi valesse quelle che, andando, io dicevo al mio compagno senza carne.... - E chi era costui? - Ah!, voi non sapete? - Ebbene, è un mio segreto. Io ho un compagno senza carne, simile a quegli angeli custodi che vi camminano ai fianchi e vi sorvegliano senza che voi ne sappiate nulla, colla differenza che quando il mio compagno senza carne mi si pone a lato intavola meco una conversazione, delle cui delizie gaudiose nessun di voi può farsi un'idea. Immaginate! Il mio compagno senza carne non ha bisogno d'indumenti, nè soffre il caldo, nè soffre il freddo, nè ha sete, nè ha appetito, nè digerisce, nè dorme; esso non ha occhi per vedere, nè orecchie per udire; non fiuta, non assapora, non tocca; egli è come se io vi dicessi un coso fatto di niente, perchè esso è una delle mie sciocche invenzioni rettoriche, non diverso dalle qualità che io mi affibbio di Divo dalle diecimila anime, d'Immaginifico, di Superuomo, e che so io. Comprendete adesso la ragione per cui - come vi ho detto - nessuna delle parole che io dissi di poi a Giovannino fatto di carne, di troppa carne, valeva quelle che, per via, io dicevo al mio compagno senza carne?


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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