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      Proprio, e ve ne assicuro, non c'è da far paragone fra il mio compagno senza carne e Giovannino, che di carne ne aveva soverchia, specie ne aveva un pezzo, che era una inutile appendice; - ben è vero che anch'io.... - ma io, almeno, son magrolino.... e son bello, o, se non più bello, lo sono stato, e mi han chiamato fanciullina, cagnolina con un nastro al collo e prostituta. Ma lui così grasso e grosso e panciuto! Basta! - Dunque io andavo a far visita a Giovannino. Or, mentre andavo, pensai a quella natura divina che sempre m'era parso dovesse - solo quella - stargli nella casa a conforto, colla sua lampada e coi suoi libri.... - Se lo sapesse Mariù! Per carità non gliene dite nulla, se no, povero me! Chi mi salverebbe dalle sue unghie? Solo quella cosa di natura divina.... - E di Mariù, che era ed è di natura terrena, troppo terrena, avrebbe egli dovuto, dunque, disfarsene? - Ma, e che posso farci io se quella natura divina non sarebbesi mai piegata a dar conforto a Giovannino se non colla dura condizione di non trovare nella di lui casa nient'altro che la sua lampada e i suoi libri? - E penso che, qualora le città nobili.... - (di grazia, vi sarebbero città ignobili?) - Qualora - dicevo - le città nobili usassero far doni ai poeti, che avrebbe potuto donare Bologna all'estremo Omeride, dico a Giovannino, se non la testa dell'Athena Lemnia? La quale sembra escita da certe visioni tumultuose dei Poemi Conviviali, sembra una duratura bellezza provata dalla strage e dall'incendio, un frammento dissepolto di sotto alle rovine di un antico assedio.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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