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      È perciò che, mentendo, vi dico qualmente io non entravo in una casa, ma in una anima, che pareva volersi fare per me più bella. E che nel dirvi ciò io mentisco, voi potete procurarvi la prova lampante nel fatto che io colle mie diecimila anime non potevo in nessun modo entrare nell'unica anima di Giovannino, la quale, per giunta, era un'animuccia. Un'altra prova che io mentisco ve la porgono le mie parole: «che pareva volersi fare per me più bella». - Ragionate un tantino con me: Per farsi più bella l'anima di chicchessia, è necessario anzitutto che essa sia bella; ma se bella essa non è, com'è possibile che si faccia più bella? Ora, belle sono solo le anime che trovansi in armonia colla legge che le governa; per esempio: l'anima virile in un uomo dai trenta ai settanta anni; l'anima semplice in un giovanetto dai dieci ai venti anni; l'anima timidetta in un fanciullo dai cinque ai dieci anni, sono tre specie di anime belle perchè ognuna di esse trovasi al posto che le conviene per la legge delle armonie. Ma l'anima di un bambino, o (sia pure) di un bambinone, collocata nel corpo di un cinquantenne, come mai può esser bella? Essa sarà, per forza, un'anima sproporzionata al corpo che l'alberga, e, come tale, un'anima-caricatura, un'anima grottesca. E poi, per quale ragione l'anima di Giovannino - nell'ipotesi che fosse veramente una bella anima - si sarebbe fatta più bella per me? - Per me! E per quale motivo? Ero io, forse, la sua innamorata? Magari! se egli avesse avuto il requisito per diportarsi verso di me da buttero, sia pure platonico!


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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