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      Ciò non ostante, la réclame del Divo e dei suoi cointeressati fatta attorno alla Ville morte era stata così clamorosa, che un gran pubblico popolò il teatro della Renaissance la sera della prima recita dell'allora recentissimo «capolavoro» di Gabriele. Eminenti critici francesi trovarono e dissero e scrissero e stamparono che la Città Morta, messa su dalla réclame tapageuse, non era nè un lavoro drammatico, nè un lavoro d'arte, nè, infine, una qualche cosa che avesse un qualche valore; sicchè le rappresentazioni di quello sciagurato pasticcio - non ostante che non pochi critici da strapazzo, certo cointeressati, lo levassero ai sette cieli - furono sospese.
      Ora, i giornali italiani che in quei giorni impiegavano quasi tutte le loro colonne all'affareDreyfus, il quale interessava al gran pubblico dei lettori assai più della Città morta di Gabriele, non espressero alcun risentimento nè in alcun modo protestarono contro i severi giudizî dei critici francesi indipendenti sulla Città morta, che dopo alcune recite - facendo onore al suo titolo - era morta ed era stata anche seppellita. Ma giusto allora ritornava in Italia da Parigi, dove era stato ad ajutare il Divo nella gonfiatura della réclame, Edoardo Scarfoglio; ritornava sbuffante contro i giornali italiani, i quali, anzichè sciogliere i soliti inni a Gabriele e al suo nuovo immangiabile pasticcio, «si prostituivano allo Zola e alla cattiva causa che egli difendeva». E osò vappescamente stampare:
      «Se davanti a questa perfidia, a questa malvagità, a questa viltà degli Italiani il D'Annunzio si naturalizzasse francese, si domiciliasse in Francia e non scrivesse più che in francese, chi gli potrebbe dar torto?


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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