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      E caduto a' piè di quello, con ammirazione considerava esso caso donde intervenuto fussi, non li potendo entrare nell'animo che da sì bella cosa male o danno alcuno intervenire potessi; e, restaurato alquanto le mancate forze, riprese un altro volo, e, passato attraverso del corpo d'esso lume, cadde subito bruciato nell'olio ch'esso lume notrìa, e restogli solamente tanta vita, che poté considerare la cagion del suo danno, dicendo a quello: "O maledetta luce, io mi credevo avere in te trovato la mia felicità; io piango indarno il mio matto desiderio, e con mio danno ho conosciuto la tua consumatrice e dannosa natura". Alla quale il lume rispose: "Così fo io a chi ben non mi sa usare".
      Detta per quelli i quali, veduti dinanzi a sé questi lascivi e mondani piaceri, a similitudine del parpaglione, a quelli corrano, sanza considerare la natura di quelli; i quali, da essi omini, dopo lunga usanza, con loro vergogna e danno conosciuti sono.
     
      32. La pietra, essendo battuta dall'acciarolo del foco, forte si maravigliò, e con rigida voce disse a quello: "Che prusunzion ti move a darmi fatica? Non mi dare affanno, che tu m'hai colto in iscambio; io non dispiacei mai a nessuno". Al quale l'acciarolo rispose: "Se starai paziente, vederai che maraviglioso frutto uscirà di te". Alle quale parole la pietra, datosi pace, con pazienza stette forte al martire, e vide di sé nascere il maraviglioso foco, il quale colla sua virtù, operava in infinite cose.
      Detta per quelli i quali spaventano ne' prencipi delli studi e poi che a loro medesimi si dispongano potere comandare, e dare con pazienzia opera continua a essi studi, di quelli si vede resultare cose di maravigliose dimostrazione.


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Scritti letterari
di Leonardo da Vinci
pagine 131