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      E durò questo buono stato più lungamente che il primo, massime per la differenza del tempo introdotta da Giove nei nascimenti, sicché gli animi freddi e stanchi per l'esperienza delle cose, erano confortati vedendo il calore e le speranze dell'età verde. Ma in progresso di tempo tornata a mancare affatto la novità, e risorto e riconfermato il tedio e la disistima della vita, si ridussero gli uomini in tale abbattimento, che nacque allora, come si crede, il costume riferito nelle storie come praticato da alcuni popoli antichi che lo serbarono,(1) che nascendo alcuno, si congregavano i parenti e loro amici a piangerlo; e morendo, era celebrato quel giorno con feste e ragionamenti che si facevano congratulandosi coll'estinto. All'ultimo tutti i mortali si volsero all'empietà, o che paresse loro di non essere ascoltati da Giove, o essendo propria natura delle miserie indurare e corrompere gli animi eziandio più bennati, e disamorarli dell'onesto e del retto. Perciocché s'ingannano a ogni modo coloro i quali stimano essere nata primieramente l'infelicità umana dall'iniquità e dalle cose commesse contro agli Dei; ma per lo contrario non d'altronde ebbe principio la malvagità degli uomini che dalle loro calamità.
      Ora poiché fu punita dagli Dei col diluvio di Deucalione la protervia dei mortali e presa vendetta delle ingiurie, i due soli scampati dal naufragio universale del nostro genere, Deucalione e Pirra, affermando seco medesimi niuna cosa potere maggiormente giovare alla stirpe umana che di essere al tutto spenta, sedevano in cima a una rupe chiamando la morte con efficacissimo desiderio, non che temessero né deplorassero il fato comune.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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