Pagina (12/308)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E perché quelle speciosissime larve, principio di tanti beni alle età passate, ora si tenevano dalla maggior parte in poca stima; non che già fossero note per quelle che veramente erano, ma la comune viltà dei pensieri e l'ignavia dei costumi facevano che quasi niuno oggimai le seguiva; perciò gli uomini bestemmiando scelleratamente il maggior dono che gli eterni avessero fatto e potuto fare ai mortali, gridavano che la terra non era degnata se non dei minori geni; ed ai maggiori, ai quali la stirpe umana più condecentemente s'inchinerebbe, non essere degno né lecito di porre il piede in questa infima parte dell'universo.
      Molte cose avevano già da gran tempo alienata novamente dagli uomini la volontà di Giove; e tra le altre gl'incomparabili vizi e misfatti, i quali per numero e per tristezza si avevano di lunghissimo intervallo lasciate addietro le malvagità vendicate dal diluvio. Stomacavalo del tutto, dopo tante esperienze prese, l'inquieta, insaziabile, immoderata natura umana; alla tranquillità della quale, non che alla felicità, vedeva oramai per certo, niun provvedimento condurre, niuno stato convenire, niun luogo essere bastante; perché quando bene egli avesse voluto in mille doppi aumentare gli spazi e i diletti della terra, e l'università delle cose, quella e queste agli uomini, parimente incapaci e cupidi dell'infinito, fra breve tempo erano per parere strette, disamene e di poco pregio. Ma in ultimo quelle stolte e superbe domande commossero talmente l'ira del dio, che egli si risolse, posta da parte ogni pietà, di punire in perpetuo la specie umana, condannandola per tutte le età future a miseria molto più grave che le passate.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





Giove