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      Ma non perciò poterono i due celesti, porgendo gli orecchi, e distendendo la vista per ogn'intorno, udire una voce né scoprire un'ombra d'uomo vivo. Andarono, parte camminando parte volando, per ispazio di molte miglia; passando monti e fiumi; e trovando da per tutto i medesimi segni e la medesima solitudine. Come sono ora deserti questi paesi, diceva Momo a Prometeo, che mostrano pure evidentemente di essere stati abitati? Prometeo ricordava le inondazioni del mare, i tremuoti, i temporali, le piogge strabocchevoli, che sapeva essere ordinarie nelle regioni calde: e veramente in quel medesimo tempo udivano, da tutte le boscaglie vicine, i rami degli alberi che, agitati dall'aria, stillavano continuamente acqua. Se non che Momo non sapeva comprendere come potesse quella parte essere sottoposta alle inondazioni del mare, così lontano di là, che non appariva da alcun lato; e meno intendeva per qual destino i tremuoti, i temporali e le piogge avessero avuto a disfare tutti gli uomini del paese, perdonando agli sciaguari, alle scimmie, a' formichieri, a' cerigoni, alle aquile, a' pappagalli, e a cento altre qualità di animali terrestri e volatili, che andavano per quei dintorni. In fine, scendendo a una valle immensa, scoprirono, come a dire, un piccolo mucchio di case o capanne di legno coperte di foglie di palma, e circondata ognuna da un chiuso a maniera di steccato: dinanzi a una delle quali stavano molte persone, parte in piedi, parte sedute, dintorno a un vaso di terra posto a un gran fuoco.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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