Pagina (73/308)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Tasso. Gran conforto: un sogno in cambio del vero.
      Genio. Che cosa è il vero?
      Tasso. Pilato non lo seppe meno di quello che lo so io.
      Genio. Bene, io risponderò per te. Sappi che dal vero al sognato, non corre altra differenza, se non che questo può qualche volta essere molto più bello e più dolce, che quello non può mai.
      Tasso. Dunque tanto vale un diletto sognato, quanto un diletto vero?
      Genio. Io credo. Anzi ho notizia di uno che quando la donna che egli ama, se gli rappresenta dinanzi in alcun sogno gentile, esso per tutto il giorno seguente, fugge di ritrovarsi con quella e di rivederla; sapendo che ella non potrebbe reggere al paragone dell'immagine che il sonno gliene ha lasciata impressa, e che il vero, cancellandogli dalla mente il falso, priverebbe lui del diletto straordinario che ne ritrae. Però non sono da condannare gli antichi, molto più solleciti, accorti e industriosi di voi, circa a ogni sorta di godimento possibile alla natura umana, se ebbero per costume di procurare in vari modi la dolcezza e la giocondità dei sogni; né Pitagora è da riprendere per avere interdetto il mangiare delle fave, creduto contrario alla tranquillità dei medesimi sogni, ed atto a intorbidarli;(2) e sono da scusare i superstiziosi che avanti di coricarsi solevano orare e far libazione a Mercurio conduttore dei sogni, acciò ne menasse loro di quei lieti; l'immagine del quale tenevano a quest'effetto intagliata in su' piedi delle lettiere.(3) Così, non trovando mai la felicità nel tempo della vigilia, si studiavano di essere felici dormendo: e credo che in parte, e in qualche modo, l'ottenessero; e che da Mercurio fossero esauditi meglio che dagli altri Dei.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





Pitagora Mercurio Mercurio