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      Tasso. Non possono gli uomini credere mai di godere presentemente?
      Genio. Sempre che credessero cotesto, godrebbero in fatti. Ma narrami tu se in alcun istante della tua vita, ti ricordi aver detto con piena sincerità ed opinione: io godo. Ben tutto giorno dicesti e dici sinceramente: io godrò; e parecchie volte, ma con sincerità minore: ho goduto. Di modo che il piacere è sempre o passato o futuro, e non mai presente.
      Tasso. Che è quanto dire è sempre nulla.
      Genio. Così pare.
      Tasso. Anche nei sogni.
      Genio. Propriamente parlando.
      Tasso. E tuttavia l'obbietto e l'intento della vita nostra, non pure essenziale ma unico, è il piacere stesso; intendendo per piacere la felicità, che debbe in effetto esser piacere; da qualunque cosa ella abbia a procedere.
      Genio. Certissimo.
      Tasso. Laonde la nostra vita, mancando sempre del suo fine, è continuamente imperfetta: e quindi il vivere è di sua propria natura uno stato violento.
      Genio. Forse.
      Tasso. Io non ci veggo forse. Ma dunque perché viviamo noi? voglio dire, perché consentiamo di vivere?
      Genio. Che so io di cotesto? Meglio lo saprete voi, che siete uomini.
      Tasso. Io per me ti giuro che non lo so.
      Genio. Domandane altri de' più savi, e forse troverai qualcuno che ti risolva cotesto dubbio.
      Tasso. Così farò. Ma certo questa vita che io meno, è tutta uno stato violento: perché lasciando anche da parte i dolori, la noia sola mi uccide.
      Genio. Che cosa è la noia?
      Tasso. Qui l'esperienza non mi manca, da soddisfare alla tua domanda. A me pare che la noia sia della natura dell'aria: la quale riempie tutti gli spazi interposti alle altre cose materiali, e tutti i vani contenuti in ciascuna di loro; e donde un corpo si parte, e altro non gli sottentra, quivi ella succede immediatamente.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308