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      Così le due parti più nobili, più faticose ad acquistare, più straordinarie, più stupende; le due sommità, per così dire, dell'arte e della scienza umana; dico la poesia e la filosofia; sono in chi le professa, specialmente oggi, le facoltà più neglette del mondo; posposte ancora alle arti che si esercitano principalmente colla mano, così per altri rispetti, come perché niuno presume né di possedere alcuna di queste non avendola procacciata, né di poterla procacciare senza studio e fatica. In fine, il poeta e il filosofo non hanno in vita altro frutto del loro ingegno, altro premio dei loro studi, se non forse una gloria nata e contenuta fra un piccolissimo numero di persone. Ed anche questa è una delle molte cose nelle quali si conviene colla poesia la filosofia, povera anch'essa e nuda, come canta il Petrarca(4) non solo di ogni altro bene, ma di riverenza e di onore.
      CAPITOLO DECIMONon potendo nella conversazione degli uomini godere quasi alcun beneficio della tua gloria, la maggiore utilità che ne ritrarrai, sarà di rivolgerla nell'animo e di compiacertene teco stesso nel silenzio della tua solitudine, con pigliarne stimolo e conforto a nuove fatiche, e fartene fondamento a nuove speranze. Perocché la gloria degli scrittori, non solo, come tutti i beni degli uomini, riesce più grata da lungi che da vicino, ma non è mai, si può dire, presente a chi la possiede, e non si ritrova in nessun luogo.
      Dunque per ultimo ricorrerai coll'immaginativa a quell'estremo rifugio e conforto degli animi grandi, che è la posterità. Nel modo che Cicerone, ricco non di una semplice gloria, né questa volgare e tenue, ma di una molteplice, e disusata, e quanta ad un sommo antico e romano, tra uomini romani e antichi, era conveniente che pervenisse; nondimeno si volge col desiderio alle generazioni future, dicendo, benché sotto altra persona:(5) pensi tu che io mi fossi potuto indurre a prendere e a sostenere tante fatiche il dì e la notte, in città e nel campo, se avessi creduto che la mia gloria non fosse per passare i termini della mia vita?


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





Petrarca Cicerone