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      Lascio il primo punto, cioè la varietà; che forse non è di minore nocumento alla gloria dei filosofi o degli scienziati appresso ai loro posteri, che appresso ai contemporanei. Ma la mutabilità delle scienze e della filosofia, quanto pensi tu che debba nuocere a questa gloria nella posterità? Quando per nuove scoperte fatte, o per nuove supposizioni e congetture, lo stato di una o di altra scienza sarà notabilmente mutato da quello che egli è nel nostro secolo; in che stima saranno tenuti gli scritti e i pensieri di quegli uomini che oggi in essa scienza hanno maggior lode? Chi legge ora più le opere di Galileo? Ma certo elle furono al suo tempo mirabilissime; né forse migliori, né più degne di un intelletto sommo, né piene di maggiori trovati e di concetti più nobili, si potevano allora scrivere in quelle materie. Nondimeno ogni mediocre fisico o matematico dell'età presente, si trova essere, nell'una o nell'altra scienza, molto superiore a Galileo. Quanti leggono oggidì gli scritti del cancellier Bacone? chi si cura di quello del Mallebranche? e la stessa opera del Locke, se i progressi della scienza quasi fondata da lui, saranno in futuro così rapidi, come mostrano dover essere, quanto tempo andrà per le mani degli uomini?
      Veramente la stessa forza d'ingegno, la stessa industria e fatica, che i filosofi e gli scienziati usano a procurare la propria gloria, coll'andare del tempo sono causa o di spegnerla o di oscurarla. Perocché dall'aumento che essi recano ciascuno alla loro scienza, e per cui vengono in grido, nascono altri aumenti, per li quali il nome e gli scritti loro vanno a poco a poco in disuso.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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