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      Stimava che una buona parte degli uomini, antichi e moderni, che sono riputati grandi o straordinari, conseguissero questa riputazione in virtù principalmente dell'eccesso di qualche loro qualità sopra le altre. E che uno in cui le qualità dello spirito sieno bilanciate e proporzionate fra loro; se bene elle fossero o straordinarie o grandi oltre modo, possa con difficoltà far cose degne dell'uno o dell'altro titolo, ed apparire ai presenti o ai futuri né grande né straordinario.
      Distingueva nelle moderne nazioni civili tre generi di persone. Il primo, di quelle in cui la natura propria, ed anco in gran parte la natura comune degli uomini, si trova mutata e trasformata dall'arte, e dagli abiti della vita cittadinesca. Di questo genere di persone diceva essere tutte quelle che sono atte ai negozi privati o pubblici; a partecipare con diletto nel commercio gentile degli uomini, e riuscire scambievolmente grate a quelli coi quali si abbattono a convivere, o a praticare personalmente in uno o altro modo; in fine, all'uso della presente vita civile. E a questo solo genere, parlando universalmente, diceva toccare ed appartenere nelle dette nazioni la stima degli uomini. Il secondo, essere di quelli in cui la natura non si trova mutata bastantemente dalla sua prima condizione; o per non essere stata, come si dice, coltivata; o perciocché, per sua strettezza e insufficienza, fu poco atta a ricevere e a conservare le impressioni e gli effetti dell'arte, della pratica e dell'esempio. Questo essere il più numeroso dei tre; ma disprezzato non manco da se medesimo che dagli altri, degno di piccola considerazione; e in somma consistere in quella gente che ha o merita nome di volgo, in qualunque ordine e stato sia posta dalla fortuna.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308