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      Per ogni diletto e ogni contentezza che hanno, cantano; e quanto è maggiore il diletto o la contentezza, tanto più lena e più studio pongono nel cantare. E cantando buona parte del tempo, s'inferisce che ordinariamente stanno di buona voglia e godono. E se bene è notato che mentre sono in amore, cantano meglio, e più spesso, e più lungamente che mai; non è da credere però, che a cantare non li muovano altri diletti e altre contentezze fuori di queste dell'amore. Imperocché si vede palesemente che al dì sereno e placido cantano più che all'oscuro e inquieto: e nella tempesta si tacciono, come anche fanno in ciascuno altro timore che provano; e passata quella, tornano fuori cantando e giocolando gli uni cogli altri. Similmente si vede che usano di cantare in sulla mattina allo svegliarsi; a che sono mossi parte dalla letizia che prendono del giorno nuovo, parte da quel piacere che è generalmente a ogni animale sentirsi ristorati dal sonno e rifatti. Anche si rallegrano sommamente delle verzure liete, delle vallette fertili, delle acque pure e lucenti, del paese bello. Nelle quali cose è notabile che quello che pare ameno e leggiadro a noi, quello pare anche a loro; come si può conoscere dagli allettamenti coi quali sono tratti alle reti o alle panie, negli uccellari e paretai. Si può conoscere altresì dalla condizione di quei luoghi alla campagna, nei quali per l'ordinario è più frequenza di uccelli, e il canto loro assiduo e fervido. Laddove gli altri animali, se non forse quelli che sono dimesticati e usi a vivere cogli uomini, o nessuno o pochi fanno quello stesso giudizio che facciamo noi, dell'amenità e della vaghezza dei luoghi.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308