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      Non ho potuto per ancora ritrarre se questo Cantico si ripeta dal gallo di tempo in tempo, ovvero tutte le mattine; o fosse cantato una volta sola; e chi l'oda cantare, o chi l'abbia udito; e se la detta lingua sia proprio la lingua del gallo, o che il Cantico vi fosse recato da qualche altra. Quanto si è al volgarizzamento infrascritto; per farlo più fedele che si potesse (del che mi sono anche sforzato in ogni altro modo), mi è paruto di usare la prosa piuttosto che il verso, se bene in cosa poetica. Lo stile interrotto, e forse qualche volta gonfio, non mi dovrà essere imputato; essendo conforme a quello del testo originale: il qual testo corrisponde in questa parte all'uso delle lingue, e massime dei poeti, d'oriente.
      Su, mortali, destatevi. Il dì rinasce: torna la verità in sulla terra, e partonsene le immagini vane. Sorgete; ripigliatevi la soma della vita; riducetevi dal mondo falso nel vero.
      Ciascuno in questo tempo raccoglie e ricorre coll'animo tutti i pensieri della sua vita presente; richiama alla memoria i disegni, gli studi e i negozi; si propone i diletti e gli affanni che gli sieno per intervenire nello spazio del giorno nuovo. E ciascuno in questo tempo è più desideroso che mai, di ritrovar pure nella sua mente aspettative gioconde, e pensieri dolci. Ma pochi sono soddisfatti di questo desiderio: a tutti il risvegliarsi è danno. Il misero non è prima desto, che egli ritorna nelle mani dell'infelicità sua. Dolcissima cosa è quel sonno, a conciliare il quale concorse o letizia o speranza.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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