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      Quaranta o cinquant'anni addietro, i filosofi solevano mormorare della specie umana; ma in questo secolo fanno tutto al contrario.
      Eleandro. Credete voi che quaranta o cinquant'anni addietro, i filosofi, mormorando degli uomini, dicessero il falso o il vero?
      Timandro. Piuttosto e più spesso il vero che il falso.
      Eleandro. Credete che in questi quaranta o cinquant'anni, la specie umana sia mutata in contrario da quella che era prima?
      Timandro. Non credo; ma cotesto non monta nulla al nostro proposito.
      Eleandro. Perché non monta? Forse è cresciuta di potenza, o salita di grado; che gli scrittori d'oggi sieno costretti di adularla, o tenuti di riverirla?
      Timandro. Cotesti sono scherzi in argomento grave.
      Eleandro. Dunque tornando sul sodo, io non ignoro che gli uomini di questo secolo, facendo male ai loro simili secondo la moda antica, si sono pur messi a dirne bene, al contrario del secolo precedente. Ma io, che non fo male a simili né a dissimili, non credo essere obbligato a dir bene degli altri contro coscienza.
      Timandro. Voi siete pure obbligato come tutti gli altri uomini, a procurar di giovare alla vostra specie.
      Eleandro. Se la mia specie procura di fare il contrario a me, non veggo come mi corra cotesto obbligo che voi dite. Ma ponghiamo che mi corra. Che debbo io fare, se non posso?
      Timandro. Non potete, e pochi altri possono, coi fatti. Ma cogli scritti, ben potete giovare, e dovete. E non si giova coi libri che mordono continuamente l'uomo in generale; anzi si nuoce assaissimo.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308