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      Ma insino a qui ho pensato che queste tali, non fossero se non ciance; e io l'ho tenuto per fermo; come fanno tutti gli uomini ragionevoli. Ora che io m'avveggo che la ragione e la scienza non rilevano, a dir proprio, un'acca; mi risolvo a credere che queste e simili cose possano esser vere verissime: anzi io sono per andare a tutti i laghi e a tutti i pantani che io potrò, e vedere se io m'abbattessi a pescare il sole. Ma che è questo rombo che io sento, che par come delle ali di uno uccello grande?
      SCENA TERZAL'Ora ultima e Copernico
      Ora ultima. Copernico, io sono l'Ora ultima.
      Copernico. L'ora ultima? Bene: qui bisogna adattarsi. Solo, se si può, dammi tanto di spazio, che io possa far testamento, e dare ordine a' fatti miei, prima di morire.
      Ora ultima. Che morire? io non sono già l'ora ultima della vita.
      Copernico. Oh, che sei tu dunque? l'ultima ora dell'ufficio del breviario?
      Ora ultima. Credo bene io, che cotesta ti sia più cara che l'altre, quando tu ti ritrovi in coro.
      Copernico. Ma come sai tu cotesto, che io sono canonico? E come mi conosci tu? che anche mi hai chiamato dianzi per nome.
      Ora ultima. Io ho preso informazione dell'esser tuo da certi ch'erano qua sotto, nella strada. In breve, io sono l'ultima ora del giorno.
      Copernico. Ah, io ho inteso: la prima Ora è malata; e da questo è che il giorno non si vede ancora.
      Ora ultima. Lasciami dire. Il giorno non è per aver luogo più, né oggi né domani né poi, se tu non provvedi.
      Copernico. Buono sarebbe cotesto; che toccasse a me il carico di fare il giorno.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





Copernico