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      Ne deducono ch'ella è nata per il grande ec. Non è questa la ragione. Ma proviene da ciò, che la moltiplicità delle sensazioni, confonde l'anima, [172]gl'impedisce di vedere i confini di ciascheduna, toglie l'esaurimento subitaneo del piacere, la fa errare d'un piacere in un altro senza poterne approfondare nessuno, e quindi si rassomiglia in certo modo a un piacere infinito. Parimente la vastità quando anchenon sia moltiplice, occupa nell'anima un più grande spazio, ed è più difficilmente esauribile. La maraviglia similmente, rende l'anima attonita, l'occupa tutta e la rende incapace in quel momento di desiderare. Oltre che la novità (inerente alla maraviglia) è sempre grata all'anima, la cui maggior pena è la stanchezza dei piaceri particolari.
     
      Da questa teoria del piacere deducete che la grandezza anche delle cose non piacevoli per se stesse, diviene un piacere per questo solo ch'è grandezza. E non attribuite questa cosa alla grandezza immaginaria della nostra natura. Posta la detta teoria, si viene a conoscere (quello ch'è veramente) che il desiderio del piacere diviene una pena, e una specie di travaglio abituale dell'anima. Quindi 1. un assopimento dell'anima è piacevole. I turchi se lo proccurano coll'oppio, ed è grato all'anima perchè in quei momenti non è affannata dal desiderio, perchè è come un riposo dal desiderio tormentoso, e impossibile a soddisfar pienamente; un intervallo come il sonno nel quale se ben l'anima forse non lascia di pensare, tuttavia non se n'avvede.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913