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      Ma in fatti poi cercando in Bossuet questo grande ardire, e questa robustissima eloquenza, trovate piuttosto impotenza che forza, e vedrete che appena alzato si abbassa. Questo senza fallo è il [218]sentimento ch'io provo sempre leggendolo; appena mi ha dato indizio di un movimento forte, sublime, e straordinario, ed io son tutto sulle mosse per seguitarlo, trovo che non c'è da far altro, e ch'egli è già tornato a parler comme tout le monde. Cosa che produce una grande pena e disgusto e secchezza nella lettura. Questo non ha che fare colle inuguaglianze proprie dei grandi geni. Nessun genio si ferma così presto come Bossuet. Si vede propriamente ch'egli è come incatenato, e fa sforzi più penosi che grandiosi per liberarsi. E il lettore prova appunto questo medesimo stato. E perciò volendo convenire che Bossuet sia stato veramente un genio, bisogna confessare che tentando di domar la sua lingua e la sua nazione, n'è stato domato. Me ne appello a tutti gli stranieri e italiani. Se non che la voce di tutta la Francia ha tanta forza, che forma il giudizio d'Europa. E il ridirsi è quasi impossibile. Sicchè queste parole intorno a Bossuet sieno dette inutilmente.
      (20. Agosto 1820.)
     
      Non è cosa così dispiacevole come il vedere uno scrittore dopo intrapreso un gran movimento, immagine, sublimità ec. mancar come di fiato. È cosa che in certo modo rassomiglia agli sforzi impotenti di chi si vede che vorrebbe esser grande, bello ec. nello scrivere, e non può. Ma questa è più ridicola, quella più penosa.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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