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      2. alla qualità di questa forza, tutta tetra, malinconica ec. in paragone della freschezza, della bellezza, allegria, varietà ec. della vita antica: conseguenza naturale della [338]differenza dei dogmi. 3. all'aspetto lugubre che presero tanto i vizi quanto le virtù dopo la propagazione intera del Cristianesimo, cioè dopo estinto quel primo fuoco febbrile della nuova dottrina (cosa da me osservata altrove): in maniera che si può dire che il mondo (quanto alla vita, e al bello) deteriorasse infinitamente se non a cagione del Cristianesimo, almeno a cagione della tendenza che lo produsse e doveva produrlo, e dopo la sua introduzione: giacchè prima restavano ancora molti errori più naturali, e quindi più vitali e nutritivi, non ostante la filosofia.
      (17. Nov. 1820.)
     
      Un pensiero degno di essere sviluppato intorno alla perpetua superiorità degli antichi sopra i moderni a causa della maggior forza della natura, per anche non corrotta, o meno corrotta, sta nelle notes historiques de l'Éloge historique de l'Abbé de Mably, par l'abbé Brizard, avanti le Observations sur l'hist. de France. Kehll. 1789. t.1. p.114. Note II.
      (17. Nov. 1820.)
     
      Alla p.271. pensiero ult. Tale era l'idea che gli antichi si formavano della felicità ed infelicità. Cioè l'uomo privo di quei tali vantaggi della vita [339]benchè illusorii, lo consideravano come infelice realmente, e così viceversa. E non si consolavano mai col pensiero che queste fossero illusioni, conoscendo che in esse consiste la vita, o considerandole come tali, o come realtà. E non tenevano la felicità e l'infelicità, per cose immaginare e chimeriche, ma solide, e solidamente opposte fra loro.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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