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      E l'uomo e l'animale in questa indifferenza diverrebbe necessariamente come quell'asino delle scuole, di cui vedi p.381. Le piante e i sassi che non si muovono da se, nè dipendono da se nell'azione e nella vita, non hanno bisogno di credenze, ma l'animale che dipende da se nell'azione e nella vita, ha bisogno di credere, giacchè non c'è altro motivo [438]nè mobile, nè altra forza, (eccetto l'estrinseche) che lo possa determinare, e definirne la scelta. Qualunque essere non è macchina, ha bisogno di credenze per vivere. Dunque anche gli animali, se non sono purissime macchine: dunque hanno anch'essi il principio di ragionamento, senza cui non v'è credenza, perchè il credere non è altro che tirare una conseguenza.
      Ma io dico credenze, non cognizioni. L'oggetto della cognizione è la verità; l'oggetto della credenza è una proposizione credibile, e dico credibile relativamente in tutto e per tutto alle qualità generali o individuali, essenziali o accidentali dell'essere che crede, perchè una cosa può esser credibile a una specie o genere, e non ad un'altra; a un individuo di quella specie o genere, e non ad un altro; a questo medesimo individuo oggi, e non domani.
      La verità dunque non entra in questo discorso, ma solo bisogna sapere quali determinazioni a credere siano atte a produrre una determinazione ad operare, vantaggiosa (e questo veramente) all'essere pensante e vivente; e perciò quali determinazioni a credere, o sia quali credenze, sieno atte a produrre la sua felicità.
      Io dunque dico che queste credenze determinanti l'uomo bene (cioè non altro che convenientemente alla sua propria e particolare essenza), e perciò conducenti [439]alla felicità, sono (come negli altri animali) le credenze ingenite, primitive, e naturali.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913