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      L'Affricano maggiore al minore, presso Cicerone, Somn. Scipion. c.7. V. p.643. capoverso 3.
     
      Quid autem est horum in voluptate? melioremne efficit, aut laudabiliorem virum? an quisquam in potiundis voluptatibus gloriando sese, et praedicatione effert? (Cic. Paradox. I. c.3. fine) Oggi sibbene, o M. Tullio, nè c'è maggior gloria per la gioventù, nè scopo alla carriera loro più brillantemente, manifestamente e concordemente proposto, nè mezzo di ottener lode e stima più sicuro e comune, che quello [594]di seguire e conseguire le voluttà, ed abbondarne, e ciò più degli altri. L'oggetto delle gare ed emulazioni della più florida parte della gioventù, non è altro che la voluttà, e il trionfo e la gloria è di colui che ne conseguisce maggior porzione, e che sa e può godere e immergersi nei vili piaceri più degli altri. Le voluttà sono lo stadio della gioventù presente: tanto che già non si cercano principalmente per se stesse, ma per la gloria che ridonda dall'averle cercate e conseguite. E se non di tutte le voluttà si può gloriare colui che le ottiene, in quel momento medesimo, in cui le gode, (sebbene di moltissimi generi di voluttà accade tuttogiorno ancor questo) certo desidererebbe di poterlo fare, di aver testimoni del suo godimento: anzi questo godimento consiste per la massima parte nella considerazione e aspettativa del vanto che gliene risulterà: e subito dopo, non ha maggior cura, che di divulgare e vantarsi della voluttà provata; e questo anche a rischio di chiudersi l'adito a nuove voluttà; e colla certezza di nuocere, tradire, essere [595]ingiusto e ingrato verso coloro onde ha ottenuta la voluttà che cercava.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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