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      Se questa seconda parte viene a mancare, la lingua non solamente col tempo non crescerà nè acquisterà, come hanno sempre fatto tutte le lingue colte o non colte, e come si è sempre inculcato a tutte le lingue [781]colte, ma per lo contrario perderà continuamente, e scemerà, e finalmente si ridurrà così piccola e povera e debole, che o non saprà più parlare nè bastare ai bisogni, o ricorrerà alle straniere; ed eccoti per un altro verso che quello stesso preteso preservativo contro la barbarie, cioè la intolleranza della giudiziosa novità, la condurrebbe alla barbarie a dirittura. E per parlare particolarmente della lingua italiana non vediamo noi negli effetti 1. quanto le lingue sieno soggette a perdere delle ricchezze loro: 2. come perdendo da una parte e non guadagnando dall'altra, la lingua non più per vezzo (che oramai il vezzo del francesismo è fuggito, anzi temutone da tutti gli scrittori italiani il biasimo e il ridicolo) ma per decisa povertà e necessità imbarbarisca? Prendiamoci il piacere di leggere a caso un foglio qualunque del Vocabolario e notiamo tutte quelle parole e frasi ec. che sono uscite fuor d'uso, e che non si potrebbero usare, o non senza difficoltà. Io credo che nè meno due terzi del vocabolario [782]sieno più adoperabili effettivamente nè servibili in nessuna occasione, nè merce mai più realizzabile. Queste perdute, infinite altre che sebbene dimenticate e fuor d'uso, sono però ricchezza viva e realissima (come spesso necessarissima) perchè chiare a chiunque, e ricevute facilmente e naturalmente dal discorso e dagli orecchi di chi si voglia, ma tuttavia sono abbandonate e dismesse per ignoranza della lingua (la quale in chi maggiore in chi minore, in quasi tutti si trova, perchè il pieno possesso dell'immenso tesoro della lingua non appartiene oggi a nessuno neanche de' più stimati per questo); finalmente la mancanza delle voci nuove adatte e necessarie alla novità delle cose, costringono gli scrittori d'oggidì a ricorrere alla barbarie, trovando la lingua loro del tutto insufficiente ai loro concetti, benchè sempre poverissimi, triti, ordinari, triviali, ristrettissimi, scarsissimi; e benchè spesso anzi per lo più vecchissimi e canuti.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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