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      La nazione, che era ancora in qualche modo nazione, non tollerava facilmente 1. di guerreggiare pel puro capriccio del suo capo, e in bene di lui solo, 2. le leve forzate, o almeno eccessive, 3. l'eccesso delle imposte per far la guerra. Non tollerava, dico, tutto questo, o poneva il principe in gravissimi pericoli e disturbi al di dentro. Così che era dell'interesse del principe di risparmiare la nazione, che ancora tanto o quanto esisteva, e risparmiarla, sì nelle altre cose, sì massimamente dove si trattava del suo sangue, e delle sue proprietà più care, che sono i figli, i congiunti ec. Dal tempo della distruzione della libertà, fino ai principii o alla metà del seicento, i sovrani se anche erano più tiranni d'oggidì, cioè più violenti e sanguinarii, appunto per l'urto in cui erano colla nazione, non sono stati però mai padroni così assoluti de' popoli, come in appresso. Basta legger le storie e vedere come fossero frequenti e facili e pericolose in quei tempi le sedizioni, i tumulti popolari ec. che per qualunque cagione nascessero, mostravano pur certo che la nazione era ancor viva, ed esisteva. E non era strano in quei tempi, come dopo, [904]il vedere scorrere il sangue de' principi per mano de' suoi soggetti. Di più il potere era assai più diviso, tanto colle baronie, signorie, feudi, ch'era il sistema monarchico d'allora, quanto colle particolari legislazioni, privilegii, governi in parte indipendenti delle città o provincie componenti le monarchie. Così che il re, non trovando tutto a sua sola disposizioine, e non potendo servirsi della nazione per le sue voglie, se non con molti ostacoli, le armate venivano ad esser necessariamente piccole: ed è cosa manifesta che quando la signoria di una nazione è divisa in molte signorie, il signore di tutte, non può prendere da ciascuna se non poco, e infinitamente meno di quello che prenderebbe s'egli fosse il signore immediato, e se tutto dipendesse intieramente dall'arbitrio suo.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913