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      V. p.1212. capoverso 1. e p.2328.
      (11. Giugno 1821.)
     
      Alla p.1128. Da queste osservazioni apparisce che la desinenza italiana della prima persona attiva singolare del perfetto indicativo, dico la desinenza in ai, è la vera e primitiva desinenza latina di detta persona, conservatasi per tanti secoli dopo sparita dalle scritture, o senza mai esservi ammessa, mediante il volgare latino; e per tanti altri, mediante la nostra lingua che gli [1156]è succeduta. Desinenza conservatasi anche nella scrittura francese, nostra sorella, ma perduta nella pronunzia, conforme alla qual pronunzia gli spagnuoli (altri nostri fratelli) scrivono e dicono amè ec. Voce senza fallo derivata dall'antichissimo amai, mutato il dittongo ai nella lettera e, forse a cagione del commercio scambievole ch'ebbero i francesi e gli spagnuoli, e le lingue e poesie loro ne' principii di queste e di quelle: commercio notabilissimo, lungo, vivo, e frequente; e conosciuto dagli eruditi, (Andrès t.2. p.281. fine, e segg.) e che in ordine alla forma di molte parole e frasi è la sola cagione per cui la lingua spagnuola somiglia alla latina meno della nostra, quantunque in genere somigli e la lat. e la nostra assai più della francese. Così nel futuro amarè ec. ec. somiglia alla lingua francese pronunziata.
      Quanto alla cagione per cui si trasmise col tempo alle lettere a ed i il digamma eolico, e poi il v, affine d'evitare, come dicono, l'iato, secondo il costume eolico, osserverò alcune cose che gioveranno anche a tutta questa parte del nostro discorso, e dalle quali potremo forse dedurre che il detto costume non venne veramente dal popolo, come ho detto p.1128. il quale anzi pare che conservasse la pronunzia antica fino a tramandarla ai nostri idiomi, [1157]ma venne piuttosto, o nella massima parte, dagli scrittori, o dal ripulimento della rozza lingua latina antica.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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