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      Non così accade per lo più nella lingua greca, tanto più varia, difforme da se stessa nelle sue formazioni, ed in ogni altro genere di cose, e senza pregiudizio (anzi con vantaggio) della bellezza, tanto meno regolare e corrispondente. Giacchè sì la moltiplicità, come la scarsezza delle regole, non sono altro che irregolarità. L'una e l'altra dimostrano la copia e soprabbondanza delle eccezioni, le quali chi vuol ridurre a regola, moltiplica necessariamente le regole fuor di misura; chi non vuol dare in questo intoppo, è necessario che stabilisca [1301]poche e larghe regole, acciò possano lasciar luogo a molte differenze, e comprenderle: e in somma conviene che si tenga sugli universali, perchè i particolari discordano troppo frequentemente. E così accade nella gramatica greca, dove altri soprabbondano di regole, e la fanno parere complicatissima, altri scarseggiano, e la fanno parere semplicissima. La lingua latina è proprio nel mezzo di questi due estremi, riguardo alle regole d'ogni genere. (Intendo già fra le lingue del genere antico, e non del moderno, tanto più filosoficamente costituito, com'è naturale.) Vale a dire per tanto ch'ella è la più facile a sviscerare, e considerare parte per parte. Ma nella lingua greca bisogna aprirsi ad ogni tratto una nuova strada, e quella regola e maniera di formazioni ec. che avrete scoperta, non vi servirà se non per poche voci ec. ec.
      (8 9. Luglio 1821.)
     
      Alla p.936-8. Osservate ancora qualunque persona, rozza, o non assuefatta al bel parlare, ed alla lingua della polita conversazione, o poco pratica e ricca di lingua, o poco esercitata e felice nel trovar le parole favellando, (cioè la massima parte degli uomini), ovvero anche quelli che parlano bene, quando si trovano in circostanza dove non abbiano bisogno di star molto sopra se stessi nel parlare, o quando parlano rozzamente a bella posta o in qualunque modo, o talvolta anche fuori di dette circostanze, e nella stessa polita conversazione; o finalmente quelli che hanno una certa forza, e vivacità, e prontezza ec. o insubordinazione di fantasia; e facilmente potrete notare [1302]che tutti o quasi tutti gli uomini, qual più qual meno secondo le suddette differenze, hanno delle parole affatto proprie loro, e particolari, (non già derivate nè composte, ma nuove di pianta) che sogliono abitualmente usare quando hanno ad esprimere certe determinate cose, e che non s'intendono se non dal senso del discorso, e son prese per lo più da una somiglianza ed una imitazione della cosa che vogliono significare.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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