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      Esce dico in un i ma poi termina veramente in un e (quasi ie), qualunque volta le dette lettere, e i suoni loro analoghi si pronunzino isolati, o nel fine di una parola, o insomma senz'altro appoggio di vocale. Così accade anche ai suoni che partecipano dei sopraddetti, come gli (che noi non iscriviamo mai senza l'i, o lo pronunziamo in altro modo) e gn. V. p.1363. Del resto il nostro c e g chiusi, noi li poniamo anche avanti alla e, quantunque questa insieme coll'i sia la sola vocale a cui la preponiamo. Ciò per altro nella scrittura. Ma la pronunzia frappone sempre un i anche al c ed e, ec.; e così solevano fare i nostri antichi anche nella scrittura di quelle voci, dalle quali una poco analitica ortografia ha escluso l'i.
      (19. Luglio 1821.)
     
      Io non avendo mai letto scrittori metafisici, e occupandomi di tutt'altri studi, e null'avendo imparato di queste materie alle scuole (che non ho mai vedute), aveva già ritrovata la falsità delle idee innate, indovinato l'Ottimismo [1348]del Leibnizio, e scoperto il principio, che tutto il progresso delle cognizioni consiste in concepire che un'idea ne contiene un'altra; il quale è la somma della tutta nuova scienza ideologica. Or come ho potuto io povero ingegno, senza verun soccorso, e con poche riflessioni, trovar da me solo queste profondissime, e quasi ultime verità, che ignorate per 60 secoli, hanno poi mutato faccia alla metafisica, e quasi al sapere umano? Com'è possibile che di tanti sommi geni, in tutto il detto tempo, nessuno abbia saputo veder quello, ch'io piccolo spirito, ho veduto da me, ed anche con minori cognizioni in queste materie, di quelle che molti di essi avranno avuto?


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





Ottimismo Leibnizio