Pagina (1261/1913)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Egli certo non sentiva in quella lingua illetterata e spregiata ch'egli maneggiava, in quello stile ch'egli formava, la bellezza, il pregio e il piacere di quell'eleganza, di quella grazia, naturalezza, semplicitā, nobiltā, forza, puritā che noi vi sentiamo a prima giunta. Egli non si credeva nč puro (in una lingua tutta impura e barbara come giudicavasi la italiana, corruzione della latina) nč nobile, nč elegante ec. ec. L'opinione, l'assuefazione ec. o piuttosto la mancanza di esse glielo impedivano.
      (28. Agos. 1821)
     
      Dalla mia teoria del piacere si conosce per qual ragione si provi diletto in questa vita, quando senza aspettarne nč desiderarne vivamente nessuno, l'animo riposato e indifferente, si getta, per cosė dire, alla ventura in mezzo alle cose, agli avvenimenti, e agli stessi divertimenti ec. Questo stato non curante de' piaceri nč de' dolori, č forse uno de' maggiori piaceri, non solo per altre cagioni, ma per se stesso.
      [1581]Parecchie volte un vigore straordinario e passeggero, cagiona al corpo e a' nervi un certo torpore, per cui l'animo s'abbandona in seno di una negligenza circa le cose e se stesso, in maniera che o vede tutto dall'alto, e come non gli appartenesse se non debolissimamente; o non pensa quasi a nulla, e desidera e teme il meno che sia possibile. Questo stato č per se stesso un piacere.
      Il languore del corpo alle volte č tale, che senza dargli affanno e fastidio, affievolando le facoltā dell'animo, affievola ogni cura e ogni desiderio. L'uomo prova allora un piacere effettivo, massime se viene da uno stato affannoso ec. e lo prova senz'alcun'altra cagione esterna, ma per quella semplice dimenticanza de' mali, e trascuranza de' beni, desideri e speranze, e per quella specie d'insensibilitā cagionatagli da quel languore.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





Parecchie